Raffaele Cascone Multi-Media

Stanlio e Ollio arrivano alla Stazione Termini di Roma, luglio 1950

Stanlio e Ollio arrivano alla Stazione Termini di Roma, luglio 1950

 

24 Febbraio 2025:

Mio commento a caldo su questa intervista (a dir poco imbarazzante) di Diego Bianchi “Zoro” con Edoardo Bennato a margine del recente Festival di Sanremo – con successiva discussione aperta a tutti:

Tono artatamente e a tutti costi goliardico e ridanciano da parte del conduttore romano etnico “Zoro”, al quale Edoardo tiene testa in italiano nazionale tanto bene da rilanciare, tanto per ricordare, a scanso di qualsiasi equivoco, il meta-messaggio nazional-popolare:

“Ma che politica, che cultura! Sono solo canzonette. Stiamo solo scherzando, anche se sul piano della esposizione mediatica siamo professionali: infatti ci manteniamo leggeri, ironici e poco seri, secondo le abitudini dei media di evasione tradizionali”.

Questo tentativo di infettarci di normalità tranquillante invece inquieta in quanto excusatio non pentita che sembra dire: “Noi non siamo quelli contro i quali i vostri genitori vi mettono in guardia, ma siamo sicuri come il latte”.

Questa commercializzazione verso il dumping è in contro tendenza rispetto alle altre arti. D’altronde, mentre durante gli anni 1950-70 nel mondo francofono e nel mondo anglofono la musica cantautorale diventava colta, anticonformista e progressiva, un linguaggio comune per i giovani e il cambiamento in atto, in Italia i media tentavano di banalizzare, riuscendoci, creando l’imbecille collettivo con giovani e musica rappresentati come yé-yé, dediti alla pura superficialità e al puro intrattenimento di evasione. Lo stesso Bennato, insieme a Battiato, Guccini, De Gregori, Lolli e altri, invece intrapresero un percorso complementare a Sanremo, elevando la loro nicchia di mercato a movimento culturale e è il loro prodotto a linguaggio comune. In tal senso antidoti alla tendenza verso il consumo dozzinale.

La fine del disco, del CD e la diffusione della musica senza supporto oggetto fisico hanno reso difficile la sopravvivenza economica dei musicisti culturali e creato la necessità di cercare o inventarsi stratagemmi per sopravvivere. Pochi ci sono riusciti. Sanremo è un arma a doppio taglio: la consacrazione che ne deriva è terminale. Purificando l’artista dal suo anti-conformismo, lo pone al di fuori del tempo, fuori dal futuro e dal cambiamento che porta e dentro l’offerta della sostituzione merci stagionale con cadenza trimestrale. Un conformismo non dignitoso come quello generoso e popolare delle feste di piazza e delle balere romagnole di periferia, ma uno degli stratagemmi per restare a galla.

Commenti? Parliamone qui di seguito…


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